Mio
nonno era macellaio (se fosse vivo e sapesse che sono vegana, probabilmente
penserebbe che non ho tutte le rotelle a posto...ma erano altri tempi e anche
altri luoghi), in un piccolo paese irpino della provincia di Avellino.
Poi
i piccoli macellai di paese sono stati sostituiti con le macellerie dei grandi
(sempre più grandi) centri commerciali, l’offerta è cresciuta prima ancora che
crescesse la domanda, ma la gente si è adattata subito, alla fine ci si poteva
permettere di mangiare la carne più di una volta alla settimana, o addirittura
al mese.
Con
l’industrializzazione dell’allevamento, è diminuita sempre di più l’umanità: il
vitello, il maiale, o qualunque altro essere senziente, sono diventati oggetti,
come i pezzi di compensato che si tagliano e si modellano per poi realizzare un
mobile dell’Ikea.
Alla
fine non si può essere umani se bisogna estinguere la sempre maggiore richiesta
di carne del giorno d’oggi.
Macellare
gli animali in serie, uno dietro l’altro, con una rapidità che ha
dell’impressionante, non è bastato: troppo pochi per così tante persone; quindi
si è deciso di aumentare il numero di capi di bestiame in maniera esponenziale,
garantendo una crescita dell’animale veloce grazie agli ormoni e agli
antibiotici.
Sono
nati così gli animali strappati alle madri anche nelle prime ore di vita, senza
nemmeno concedere la prima poppata (il latte è degli umani, mica del vitello!),
chiusi in box strettissimi, costretti a posizioni innaturali e con
un’alimentazione del tutto inadeguata, carente di ferro, soprattutto, perché si
sa, alla casalinga la carne di vitello piace bianca.
Col
passare degli anni certi mestieri, però, hanno iniziato a perdere fascino: i
giovani non aspiravano più a diventare falegnami, agricoltori o macellai, ma
buttarsi su mestieri più cool e alla moda tipo il grafico, il designer, il
pubblicitario e coi mestieri sono cambiate anche le mode alimentari: prima
macrobiotico, poi quella dei soli carboidrati, poi quella delle sole proteine,
vegetariani per dieta e alla fine vegani.
Eggià,
perché tanta gente all’inizio ci crede, va su internet, vede due foto di un
vitellino appeso per una zampa e si decide a non mangiare più carne perché è la
cosa più barbara che abbia mai visto oppure, peggio del peggio, perché qualche
nuovo idolo pompato dalla Peta urla a destra e a manca che gli animali vanno
rispettati (e poi si abboffa da MerDonald’s o da KFC).
Poi
ci sono quelli come Joshua Applestone.
Applestone
è un macellaio che ha debuttato a New York City, nel quartiere di Brooklyn, ed
è diventato nel giro di poco tempo una stella.
Il
successo di Joshua è dovuto ad un piccolo particolare sorprendente: accanito
sostenitore dei verbo di Jonathan Safran Foer e del suo Se niente importa, è stato vegano (chef,
oltretutto) per metà della sua vita.
Un
giorno Joshua però decide di aprire il suo ristorante e nel 2003 manda a farsi
benedire tutti i suoi ideali antispecisti.
Perché
la carne è necessaria, ma i fornitori che garantiscano umanità e rispetto
all’animale sono ben pochi, quindi non rimane altro che sporcarsi le mani “on
our own”.
Nasce
così la “Fleisher’s Grass fed and
Organic meat”, la macelleria dell’ex vegano paladino dei diritti degli animali;
ma non pensate male, fanno tutto loro: allevano, macellano, squartano, tagliano
etc etc, tutto con un occhio particolare al benessere dell’animale, perché il
sacrificio è necessario, ma bisogna farlo con rispetto!
Se
si chiede a Applestone come sia potuta succedere una cosa del genere, come sia
possibile passare da un estremo all’altro dopo aver appreso cosa comporta
l’industria della carne sull’animale, lui, candidamente, ride e risponde così:
“Dieci anni fa ero vegano, una cosa davvero imbarazzante! Una volta volta ho
fatto visita ad un produttore (PRODUTTORE??!! ndr) di vitelli: mi ha invitato a
pranzo e, ovviamente, aveva solo bistecche. Non mi scorderò mai la sua faccia
quando gli dissi che ero vegano”.
C’è
da aggiungere che Joshua viene da una famiglia col pedigree: macellai kosher da
quattro generazioni che mal digerivano la scelta vegana, ma che hanno subito
riaccolto in famiglia il figliol prodigo in stile “Carramba! Che sorpresa!”
quando si è deciso a rinsavire.
Lasciando da parte ogni
tipo di commento alla cosa, quello che fa più riflettere è la continua ricerca
di qualcosa che aiuti a pulire la coscienza, perché si sa, in fin dei conti la
macellazione etica è tutta un’altra storia, anzi, si può scusare del tutto.
Joshua ha deciso di fare la
via di mezzo: dare ragione agli animalisti quando dicono che gli animali non
sono oggetti e che l’industria della carne è a dir poco disumana, ma fare anche
l’occhiolino a quelli che la carne “s’adda magnà”!
Ovviamente il caso è
diventato nazionale, la voce si è sparsa per tutto il Paese e Applestone è
diventato una star, una specie di messia della braciola: oltre alle televisioni
per intervistarlo e gli editori per proporgli libri su libri, va da lui la
gente “comune” per chiedergli lezioni su come uccidere e smembrare un animale.
Sarà per la crisi, sarà
perché c’è questo ritorno al bucolico, ma quello di Joshua non è un caso
isolato, anzi, sotto la sua ala di Gran Maestro della Salsiccia Perfetta si
stanno radunando un sacco di ex vegani con tanta voglia di sporcarsi le mani.
La tipologia dell’allievo
di Joshua ormai è standardizzata: hipsters della Grande Mela, coi tatuaggi bene
in vista (ebbene sì, anche quelli che hanno “Meat is murder” sulle loro
braccione possenti), maglia nera e anfibietto; ma non pensate che siano solo
uomini, anche le donzelle non vedono l’ora di
affondare la lama in un bel coniglietto bianco da scuoiare.
Sarebbe interessante
cercare di capire come una persona possa ancora guardarsi allo specchio o
comunque come possa alzarsi tutti i giorni dal letto con la coscienza che quel
giorno ucciderà almeno una dozzina di animali.
Il re dei macellai alla
moda regala la sua ultima chicca nel suo libro The butcher’s guide to well-raised meat (la guida su come comprare,
conservare, tagliare e cucinare la carne): nella prima pagina compare
un bel “Eat more veggies!”.