the vegan blah blah

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giovedì 19 gennaio 2012

Natalie: una veg sempre più combattiva

Natalie Portman  ha annunciato l'inizio delle riprese della trasposizione cinematografica di Eating animals (Se niente importa, ndt) dello scrittore Jonathan Safran Foer.

La notizia arriva non senza qualche polemica: sono molte le star che hanno deciso di prestare il loro volto per campagne animaliste, ma non tutti per convinzione: infatti apparire su una campagna Peta garantisce un ritorno d'immagine sensazionale.

L'attrice ha già preso contatti con Foer, che ha commentato la decisione così: "Lei vuole fare un documentario molto personale. Mi ha contattato, mi ha detto che ha adorato il libro. L’ho conosciuta. La aiuterò eventualmente, ma alla fine sarà la sua visione. E’ solo all’inizio".
Foer può dire di aver scosso molte coscienze col suo libro, a cominciare dalla sua, infatti il libro è una sorta di diario di viaggio dell’autore che ha scoperto e rivelato i vari maltrattamenti che subiscono gli animali che finiscono nei nostri piatti.

"Forse gli altri non sono d’accordo con me che gli animali hanno una personalità. Ma la tortura degli animali ben documentata è inaccettabile, e il costo umano che Foer descrive nel suo libro, di cui ero già a conoscenza, è universalmente convincente" commenta l'attrice.



Meno male che qualcuno usa la propria celebrità per diffondere veramente un messaggio, invece di pensare solo alla pubblicità che ne può derivare...








http://www.voceditalia.it/articolo.asp?id=76689&titolo=La%20Portman%20e%27%20sempre%20piu%27%20veg

lunedì 16 gennaio 2012

La fervente animalista Elisabetta Canalis nuova testimonial Pantene

Già un po' di tempo fa è scoppiata la polemica sulla campagna antipellicce della Peta che aveva come testimonial Elisabetta Canalis, ed anche in quel caso il mondo animalista si è spaccato in due.
Alcuni (i boccaloni) hanno subito iniziato a difendere a spada tratta la showgirl definendo chi avesse delle riserve sulla buona fede della cosa "invidioso"; altri, un po' più lungimiranti, non si sono fatti prendere per il naso.
Sì, perché Elisabetta nell'intervista che accompagnava la campagna aveva detto di essere rimasta shockata fin da piccola da un documentario sull'industria della pelliccia, ma, ad onor del vero, non ha fatto parola delle foto che la ritraevano ben più che infante con un bel pellicciotto su di un qualche red carpet.



"Da quel giorno decisi che non avrei mai messo una pelliccia" E. Canalis
















E. Canalis sul red carpet di L'uomo che fissa le capre con addosso un pellicciotto di Cavalli.

















Non contenta di averci fatto storcere il naso con le sue dichiarazioni un po' naif, Elisabetta ci riserva un'altra favolosa sorpresa: lo spot Pantene!
Eggià, perché Eli si è sempre dichiarata un'animalista convinta, ma forse non sa che la Pantene è una linea di shampoo della multinazionale più odiata dagli animalisti: la Procter&Gamble...
Per chi non lo sapesse, Pantene, come tutti gli altri prodotti P&G, è ultra testato, dagli ingredienti al prodotto finito, per non parlare dei siliconi e i parabeni (non certo sani per la pelle) di cui sono composti.
Elisabetta, voglio darti un consiglio: lascia stare l'animalismo!








"Elisabetta, infine, è nota anche per il suo impegno in favore degli animali, tanto che nel 2010 ha posato per la campagna PETA, in favore dell’abolizione di tutti i tipi di tortura". dal comunicato stampa della linea Pantene del sito italiano P&G http://www.pg.com/it_IT/news/december/elisabetta-canalis-nuovo-volto-pantene-2012.shtml



domenica 15 gennaio 2012

Da vegano a macellaio: il nuovo mestiere più cool di New York

Mio nonno era macellaio (se fosse vivo e sapesse che sono vegana, probabilmente penserebbe che non ho tutte le rotelle a posto...ma erano altri tempi e anche altri luoghi), in un piccolo paese irpino della provincia di Avellino.
Poi i piccoli macellai di paese sono stati sostituiti con le macellerie dei grandi (sempre più grandi) centri commerciali, l’offerta è cresciuta prima ancora che crescesse la domanda, ma la gente si è adattata subito, alla fine ci si poteva permettere di mangiare la carne più di una volta alla settimana, o addirittura al mese.
Con l’industrializzazione dell’allevamento, è diminuita sempre di più l’umanità: il vitello, il maiale, o qualunque altro essere senziente, sono diventati oggetti, come i pezzi di compensato che si tagliano e si modellano per poi realizzare un mobile dell’Ikea.
Alla fine non si può essere umani se bisogna estinguere la sempre maggiore richiesta di carne del giorno d’oggi.
Macellare gli animali in serie, uno dietro l’altro, con una rapidità che ha dell’impressionante, non è bastato: troppo pochi per così tante persone; quindi si è deciso di aumentare il numero di capi di bestiame in maniera esponenziale, garantendo una crescita dell’animale veloce grazie agli ormoni e agli antibiotici.
Sono nati così gli animali strappati alle madri anche nelle prime ore di vita, senza nemmeno concedere la prima poppata (il latte è degli umani, mica del vitello!), chiusi in box strettissimi, costretti a posizioni innaturali e con un’alimentazione del tutto inadeguata, carente di ferro, soprattutto, perché si sa, alla casalinga la carne di vitello piace bianca.
Col passare degli anni certi mestieri, però, hanno iniziato a perdere fascino: i giovani non aspiravano più a diventare falegnami, agricoltori o macellai, ma buttarsi su mestieri più cool e alla moda tipo il grafico, il designer, il pubblicitario e coi mestieri sono cambiate anche le mode alimentari: prima macrobiotico, poi quella dei soli carboidrati, poi quella delle sole proteine, vegetariani per dieta e alla fine vegani.
Eggià, perché tanta gente all’inizio ci crede, va su internet, vede due foto di un vitellino appeso per una zampa e si decide a non mangiare più carne perché è la cosa più barbara che abbia mai visto oppure, peggio del peggio, perché qualche nuovo idolo pompato dalla Peta urla a destra e a manca che gli animali vanno rispettati (e poi si abboffa da MerDonald’s o da KFC).
Poi ci sono quelli come Joshua Applestone.
Applestone è un macellaio che ha debuttato a New York City, nel quartiere di Brooklyn, ed è diventato nel giro di poco tempo una stella.
Il successo di Joshua è dovuto ad un piccolo particolare sorprendente: accanito sostenitore dei verbo di Jonathan Safran Foer e del suo Se niente importa, è stato vegano (chef, oltretutto) per metà della sua vita.
Un giorno Joshua però decide di aprire il suo ristorante e nel 2003 manda a farsi benedire tutti i suoi ideali antispecisti.
Perché la carne è necessaria, ma i fornitori che garantiscano umanità e rispetto all’animale sono ben pochi, quindi non rimane altro che sporcarsi le mani “on our own”.
Nasce così la  “Fleisher’s Grass fed and Organic meat”, la macelleria dell’ex vegano paladino dei diritti degli animali; ma non pensate male, fanno tutto loro: allevano, macellano, squartano, tagliano etc etc, tutto con un occhio particolare al benessere dell’animale, perché il sacrificio è necessario, ma bisogna farlo con rispetto!
Se si chiede a Applestone come sia potuta succedere una cosa del genere, come sia possibile passare da un estremo all’altro dopo aver appreso cosa comporta l’industria della carne sull’animale, lui, candidamente, ride e risponde così: “Dieci anni fa ero vegano, una cosa davvero imbarazzante! Una volta volta ho fatto visita ad un produttore (PRODUTTORE??!! ndr) di vitelli: mi ha invitato a pranzo e, ovviamente, aveva solo bistecche. Non mi scorderò mai la sua faccia quando gli dissi che ero vegano”.
C’è da aggiungere che Joshua viene da una famiglia col pedigree: macellai kosher da quattro generazioni che mal digerivano la scelta vegana, ma che hanno subito riaccolto in famiglia il figliol prodigo in stile “Carramba! Che sorpresa!” quando si è deciso a rinsavire.
Lasciando da parte ogni tipo di commento alla cosa, quello che fa più riflettere è la continua ricerca di qualcosa che aiuti a pulire la coscienza, perché si sa, in fin dei conti la macellazione etica è tutta un’altra storia, anzi, si può scusare del tutto.

Joshua ha deciso di fare la via di mezzo: dare ragione agli animalisti quando dicono che gli animali non sono oggetti e che l’industria della carne è a dir poco disumana, ma fare anche l’occhiolino a quelli che la carne “s’adda magnà”!

Ovviamente il caso è diventato nazionale, la voce si è sparsa per tutto il Paese e Applestone è diventato una star, una specie di messia della braciola: oltre alle televisioni per intervistarlo e gli editori per proporgli libri su libri, va da lui la gente “comune” per chiedergli lezioni su come uccidere e smembrare un animale.

Sarà per la crisi, sarà perché c’è questo ritorno al bucolico, ma quello di Joshua non è un caso isolato, anzi, sotto la sua ala di Gran Maestro della Salsiccia Perfetta si stanno radunando un sacco di ex vegani con tanta voglia di sporcarsi le mani.

La tipologia dell’allievo di Joshua ormai è standardizzata: hipsters della Grande Mela, coi tatuaggi bene in vista (ebbene sì, anche quelli che hanno “Meat is murder” sulle loro braccione possenti), maglia nera e anfibietto; ma non pensate che siano solo uomini, anche le donzelle non vedono l’ora di affondare la lama in un bel coniglietto bianco da scuoiare.

Sarebbe interessante cercare di capire come una persona possa ancora guardarsi allo specchio o comunque come possa alzarsi tutti i giorni dal letto con la coscienza che quel giorno ucciderà almeno una dozzina di animali.

Il re dei macellai alla moda regala la sua ultima chicca nel suo libro The butcher’s guide to well-raised meat (la guida su come comprare, conservare, tagliare e cucinare la carne): nella prima pagina compare un bel “Eat more veggies!”.